Differenze tra le versioni di "Biblioteca:Lo Scudo di Eracle"

m (Sostituzione testo - 'Dànae' con 'Danae')
m (Sostituzione testo - 'Danae' con 'Danae')
(48 versioni intermedie di uno stesso utente non sono mostrate)
Riga 21: Riga 21:
 
Tale il destino suo: ne furon gli Dei testimoni.
 
Tale il destino suo: ne furon gli Dei testimoni.
 
Ed ei, l'ira dei Numi temendo, a compir s'affrettava,
 
Ed ei, l'ira dei Numi temendo, a compir s'affrettava,
quanto poteva piú, la gran gesta prescritta da Zeus.
+
quanto poteva piú, la gran gesta prescritta da [[Zeus]].
 
Ed i Beoti con lui, bramosi di pugne e di zuffe,
 
Ed i Beoti con lui, bramosi di pugne e di zuffe,
 
usi a sferzare cavalli, terribili sotto i palvesi,
 
usi a sferzare cavalli, terribili sotto i palvesi,
Riga 29: Riga 29:
 
altro consiglio volgeva: volea generar contro il male,
 
altro consiglio volgeva: volea generar contro il male,
 
pei Numi e pei mortali che cibano pane, uno schermo.
 
pei Numi e pei mortali che cibano pane, uno schermo.
E dall'Olimpo balzò, macchinando nel cuore un inganno,
+
E dall'[[Olimpo (1)|Olimpo]] balzò, macchinando nel cuore un inganno,
 
di notte, ché bramava l'amor della donna elegante.
 
di notte, ché bramava l'amor della donna elegante.
 
A Tifaone presto pervenne, ed ancora movendo,
 
A Tifaone presto pervenne, ed ancora movendo,
giunse alla vetta piú alta del Ficio il saggissimo Zeus.
+
giunse alla vetta piú alta del Ficio il saggissimo [[Zeus]].
 
E quivi stette, e volse la mente a un'impresa divina:
 
E quivi stette, e volse la mente a un'impresa divina:
 
ché, nella stessa notte, d'Alcmena dall'agil caviglia
 
ché, nella stessa notte, d'Alcmena dall'agil caviglia
il letto ascese Zeus, l'amò, sazïò la sua brama.
+
il letto ascese [[Zeus]], l'amò, sazïò la sua brama.
 
Ed anche Anfitrione, l'eroe condottiero di turbe,
 
Ed anche Anfitrione, l'eroe condottiero di turbe,
 
compiuta la gran gesta, tornò quella sera al suo tetto.
 
compiuta la gran gesta, tornò quella sera al suo tetto.
Riga 46: Riga 46:
 
alla sua casa giunse con cuore giocondo e felice.
 
alla sua casa giunse con cuore giocondo e felice.
 
E giacque con la casta consorte per tutta la notte,
 
E giacque con la casta consorte per tutta la notte,
le gioie d'Afrodite godendo, dell'aurëa Diva.
+
le gioie d'[[Afrodite]] godendo, dell'aurëa Diva.
 
E da un Celeste amata la donna, e da un uomo perfetto,
 
E da un Celeste amata la donna, e da un uomo perfetto,
 
nella settemplice Tebe die' a luce due gemini figli.
 
nella settemplice Tebe die' a luce due gemini figli.
 
Ma l'uno uguale all'altro non eran, sebbene fratelli:
 
Ma l'uno uguale all'altro non eran, sebbene fratelli:
 
ché l'uno era da meno, di molto migliore era l'altro
 
ché l'uno era da meno, di molto migliore era l'altro
figliuolo: Eracle esso era, gagliardo, terribile, invitto.
+
figliuolo: [[Eracle]] esso era, gagliardo, terribile, invitto.
Questo la donna al figlio di Crono dai nuvoli negri
+
Questo la donna al figlio di [[Crono]] dai nuvoli negri
 
concetto aveva; ad Anfitrione signore di genti
 
concetto aveva; ad Anfitrione signore di genti
 
Ificle: ben diversi rampolli: ché l'uno a un mortale,
 
Ificle: ben diversi rampolli: ché l'uno a un mortale,
 
e l'altro avea la donna concetto al Signor dei Celesti.
 
e l'altro avea la donna concetto al Signor dei Celesti.
E questi Cigno uccise, di Ares il magnanimo figlio,
+
E questi Cigno uccise, di [[Ares]] il magnanimo figlio,
ché lo trovò nel bosco d'Apollo che lungi saetta,
+
ché lo trovò nel bosco d'[[Apollo]] che lungi saetta,
lui con suo padre Ares, che mai non è sazio di guerre,
+
lui con suo padre [[Ares]], che mai non è sazio di guerre,
 
chiusi nell'armi, come barbagli di fiamma che arda,
 
chiusi nell'armi, come barbagli di fiamma che arda,
 
ritti sul carro ambedue: scalpitavano i ratti corsieri,
 
ritti sul carro ambedue: scalpitavano i ratti corsieri,
Riga 65: Riga 65:
 
Il ben costrutto cocchio squillava, squillavan le ruote,
 
Il ben costrutto cocchio squillava, squillavan le ruote,
 
correndo i due corsieri. Lieto era il fortissimo Cigno,
 
correndo i due corsieri. Lieto era il fortissimo Cigno,
perché sperava il figlio possente di Zeus e l'auriga
+
perché sperava il figlio possente di [[Zeus]] e l'auriga
 
uccidere col bronzo, vestirsi dell'armi sue belle.
 
uccidere col bronzo, vestirsi dell'armi sue belle.
Ma non l'udí Febo Apollo, mentr'egli pregava: ché invece
+
Ma non l'udí [[Febo]] [[Apollo]], mentr'egli pregava: ché invece
accrebbe contro lui la forza del figlio di Zeus.
+
accrebbe contro lui la forza del figlio di [[Zeus]].
E tutto quanto il bosco d'Apollo Pegàso e l'altare
+
E tutto quanto il bosco d'[[Apollo]] Pegàso e l'altare
 
riscintillava per l'armi del Nume tremendo e di Cigno,
 
riscintillava per l'armi del Nume tremendo e di Cigno,
 
dagli occhi loro un fuoco fulgeva. Qual mai dei mortali
 
dagli occhi loro un fuoco fulgeva. Qual mai dei mortali
 
l'ardire avrebbe avuto di farsi a lui contro, se togli
 
l'ardire avrebbe avuto di farsi a lui contro, se togli
Eracle, e il fido suo scudiero Iolao? Ma ben grande
+
[[Eracle]], e il fido suo scudiero Iolao? Ma ben grande
 
era di quell'eroe la forza, ma invitte le braccia
 
era di quell'eroe la forza, ma invitte le braccia
 
sopra le membra massicce sporgevan dagli òmeri fuori.
 
sopra le membra massicce sporgevan dagli òmeri fuori.
 
Al suo possente auriga, cosí disse allora, a Iolao:
 
Al suo possente auriga, cosí disse allora, a Iolao:
 
«Iolao, campione a me diletto fra gli uomini tutti,
 
«Iolao, campione a me diletto fra gli uomini tutti,
molto di certo peccò contro i Numi signori d'Olimpo,
+
molto di certo peccò contro i Numi signori d'[[Olimpo (1)|Olimpo]],
 
Anfitrione, quel dí che a Tebe dal fulgido serto
 
Anfitrione, quel dí che a Tebe dal fulgido serto
 
venne, che avea Tirinto lasciata, la solida rocca,
 
venne, che avea Tirinto lasciata, la solida rocca,
Riga 87: Riga 87:
 
malleolo. E a luce noi, dopo un breve trascorrere d'anni,
 
malleolo. E a luce noi, dopo un breve trascorrere d'anni,
 
tuo padre ed io venimmo, che d'indole pari e di senno
 
tuo padre ed io venimmo, che d'indole pari e di senno
non eravamo punto: ché il senno a lui tolse il Cronide,
+
non eravamo punto: ché il senno a lui tolse il [[Cronide]],
 
sicché, la casa sua lasciata ed i suoi genitori,
 
sicché, la casa sua lasciata ed i suoi genitori,
 
partí, ché volle un uomo ribaldo onorare, Euristeo.
 
partí, ché volle un uomo ribaldo onorare, Euristeo.
Riga 96: Riga 96:
 
dei rapidi corsieri, moltiplica in seno l'ardire,
 
dei rapidi corsieri, moltiplica in seno l'ardire,
 
il carro e dei veloci corsieri la forza diritto
 
il carro e dei veloci corsieri la forza diritto
avventa, e non temere di Ares omicida il frastuono,
+
avventa, e non temere di [[Ares]] omicida il frastuono,
 
che con acute grida va or furïando pel bosco
 
che con acute grida va or furïando pel bosco
sacro d'Apollo Febo, del Dio che lontano saetta.
+
sacro d'[[Apollo]] [[Febo]], del Dio che lontano saetta.
 
Sazio dovrà dichiararsi, per quanto sia forte, di guerra».
 
Sazio dovrà dichiararsi, per quanto sia forte, di guerra».
 
E questo a lui Iolao, rispose, l'eroe senza pecca:
 
E questo a lui Iolao, rispose, l'eroe senza pecca:
Riga 107: Riga 107:
 
sotto le mani tue conducon, ché gloria tu n'abbia.
 
sotto le mani tue conducon, ché gloria tu n'abbia.
 
Su' dunque, indossa l'armi di guerra, ché, senza indugiare,
 
Su' dunque, indossa l'armi di guerra, ché, senza indugiare,
l'uno su l'altro i carri lanciando, di Ares ed il nostro,
+
l'uno su l'altro i carri lanciando, di [[Ares]] ed il nostro,
si pugni; ei non potrà spaventare il figliuolo di Zeus
+
si pugni; ei non potrà spaventare il figliuolo di [[Zeus]]
 
senza paura, né d'Ificle il figlio; ma penso che invece
 
senza paura, né d'Ificle il figlio; ma penso che invece
 
egli fuggire dovrà dai figli del figlio d'Alceo
 
egli fuggire dovrà dai figli del figlio d'Alceo
Riga 114: Riga 114:
 
cupidi della zuffa, che a lor grata è piú del banchetto».
 
cupidi della zuffa, che a lor grata è piú del banchetto».
 
Disse cosí. Sorrise, ché in cuore godeva, la forza
 
Disse cosí. Sorrise, ché in cuore godeva, la forza
d'Eracle: tanto a lui tornarono grati quei detti.
+
d'[[Eracle]]: tanto a lui tornarono grati quei detti.
 
E gli rispose, e a lui parlò queste alate parole:
 
E gli rispose, e a lui parlò queste alate parole:
«Iolao, saldo campione nutrito da Zeus, non lungi
+
«Iolao, saldo campione nutrito da [[Zeus]], non lungi
 
è l'aspra pugna, e tu, come fosti sin qui valoroso,
 
è l'aspra pugna, e tu, come fosti sin qui valoroso,
 
Aríone, il gran cavallo dai ceruli crini, anche adesso
 
Aríone, il gran cavallo dai ceruli crini, anche adesso
 
in giro spingi, e piú che puoi, dammi aiuto alla pugna».
 
in giro spingi, e piú che puoi, dammi aiuto alla pugna».
 
E, cosí detto, alle gambe d'attorno legò gli schinieri
 
E, cosí detto, alle gambe d'attorno legò gli schinieri
di lucido oricalco, d'Efesto bellissimo dono,
+
di lucido oricalco, d'[[Efesto]] bellissimo dono,
 
i fianchi cinse poi tutto in giro col bel corsaletto
 
i fianchi cinse poi tutto in giro col bel corsaletto
 
istorïato, foggiato nell'oro: l'aveva donato
 
istorïato, foggiato nell'oro: l'aveva donato
a lui Pallade Atena, la figlia di Zeus, quand'egli
+
a lui Pallade [[Atena]], la figlia di [[Zeus]], quand'egli
 
dovea la prima volta provarsi nei duri cimenti.
 
dovea la prima volta provarsi nei duri cimenti.
 
Poi quel tremendo, il ferro che tiene lontana la morte,
 
Poi quel tremendo, il ferro che tiene lontana la morte,
Riga 136: Riga 136:
 
orrida, sopra il capo gagliardo una gàlea pose,
 
orrida, sopra il capo gagliardo una gàlea pose,
 
istorïata di fregi, infrangibile, adatta alle tempie:
 
istorïata di fregi, infrangibile, adatta alle tempie:
d'Eracle il capo questa schermiva, del fig lio di Zeus.
+
d'[[Eracle]] il capo questa schermiva, del fig lio di [[Zeus]].
 
Poscia lo scudo, vario d'agèmine, prese; né alcuno
 
Poscia lo scudo, vario d'agèmine, prese; né alcuno
 
franto lo avrebbe, ammaccato di colpi: stupore a vederlo.
 
franto lo avrebbe, ammaccato di colpi: stupore a vederlo.
Riga 145: Riga 145:
 
e nella bocca una fila correva di candide zanne,
 
e nella bocca una fila correva di candide zanne,
 
terribili, funeste. Sovr'essa l'orribil sua fronte,
 
terribili, funeste. Sovr'essa l'orribil sua fronte,
Contesa svolazzava, che gli uomini a guerra schierava,
+
[[Eris]] svolazzava, che gli uomini a guerra schierava,
 
funerëa, che il cuore, che il senno rapiva ai mortali
 
funerëa, che il cuore, che il senno rapiva ai mortali
che faccia a faccia, contro pugnassero al figlio di Zeus.
+
che faccia a faccia, contro pugnassero al figlio di [[Zeus]].
 
Erano ancora qui figurati l'Attacco e la Fuga,
 
Erano ancora qui figurati l'Attacco e la Fuga,
 
la Strage quivi ardea, lo Strepito ardea, l'Omicidio,
 
la Strage quivi ardea, lo Strepito ardea, l'Omicidio,
Riga 154: Riga 154:
 
morto, e lo trascinava, ghermitolo al piè, tra la zuffa.
 
morto, e lo trascinava, ghermitolo al piè, tra la zuffa.
 
L'anime loro, poi, s'immergono sotto la terra,
 
L'anime loro, poi, s'immergono sotto la terra,
entro nell'Ade, l'ossa d'intorno alla madida pelle
+
entro nell'[[Ade]], l'ossa d'intorno alla madida pelle
 
si putrefanno sul negro terreno alla vampa di Sirio.
 
si putrefanno sul negro terreno alla vampa di Sirio.
 
Bruna di sangue umano sugli òmeri aveva una veste,
 
Bruna di sangue umano sugli òmeri aveva una veste,
Riga 160: Riga 160:
 
E, piú che non si dica, terribili, teste di serpi
 
E, piú che non si dica, terribili, teste di serpi
 
v'erano, dodici; e in seno spiravan terrore ai mortali
 
v'erano, dodici; e in seno spiravan terrore ai mortali
che a faccia a faccia contro movessero al figlio di Zeus.
+
che a faccia a faccia contro movessero al figlio di [[Zeus]].
 
Alto suonava dei denti lo strepito, quando pugnava
 
Alto suonava dei denti lo strepito, quando pugnava
 
d'Anfitrione il figlio, mandavano fiamme le insegne.
 
d'Anfitrione il figlio, mandavano fiamme le insegne.
Riga 176: Riga 176:
 
e in quelli, apri selvaggi, leoni dagli occhi di fuoco.
 
e in quelli, apri selvaggi, leoni dagli occhi di fuoco.
 
C'era la zuffa poi dei Lapiti maestri di lancia,
 
C'era la zuffa poi dei Lapiti maestri di lancia,
col re Ceneo, Drianta, Piritoo, Proloco, Opleo,
+
col re Ceneo, Drianta, [[Piritoo]], Proloco, Opleo,
 
Falero, Esodio, Mopso d'Ampico figliuol, Titaresio
 
Falero, Esodio, Mopso d'Ampico figliuol, Titaresio
prole di Ares, Teseo figliuolo d'Egeo, pari ai Numi:
+
prole di [[Ares]], [[Teseo]] figliuolo d'Egeo, pari ai Numi:
 
essi d'argento, l'armi che ai fianchi cingevano, d'oro.
 
essi d'argento, l'armi che ai fianchi cingevano, d'oro.
Eran dall'a ltra parte raccolti i Centauri, alla pugna,
+
Eran dall'a ltra parte raccolti i [[Centauri]], alla pugna,
 
intorno al gran Petraio, ad +sbolo vate d'augelli,
 
intorno al gran Petraio, ad +sbolo vate d'augelli,
 
ad Arto, a Ureo dai negri capelli, a Mimante, a Drialo,
 
ad Arto, a Ureo dai negri capelli, a Mimante, a Drialo,
Riga 187: Riga 187:
 
E, fatto impeto insieme, cosí come fossero vivi,
 
E, fatto impeto insieme, cosí come fossero vivi,
 
con l'aste e con gli abeti da presso veniano alla pugna.
 
con l'aste e con gli abeti da presso veniano alla pugna.
Ed eran qui di Ares terribile i ratti corsieri,
+
Ed eran qui di [[Ares]] terribile i ratti corsieri,
d'oro; e lo stesso Ares funesto s'ergea tutto in arme,
+
d'oro; e lo stesso [[Ares]] funesto s'ergea tutto in arme,
 
che un giavellotto in pugno stringeva, eccitava le turbe,
 
che un giavellotto in pugno stringeva, eccitava le turbe,
 
di sangue tutto brutto, che agli uomini, ritto sul carro,
 
di sangue tutto brutto, che agli uomini, ritto sul carro,
 
togliea la vita; e presso gli stavan Terrore e Sgomento,
 
togliea la vita; e presso gli stavan Terrore e Sgomento,
 
ch'erano tutti brama d'irrompere in mezzo alla pugna.
 
ch'erano tutti brama d'irrompere in mezzo alla pugna.
La Tritogenia figlia di Zeus, la vaga di prede,
+
La Tritogenia figlia di [[Zeus]], la vaga di prede,
 
v'era, e sembrava come volesse apprestare la pugna:
 
v'era, e sembrava come volesse apprestare la pugna:
 
ché l'asta e l'elmo d'oro dal triplice ciuffo reggendo,
 
ché l'asta e l'elmo d'oro dal triplice ciuffo reggendo,
l'Egida su le spalle, moveva alla cruda battaglia.
+
l'[[Egida]] su le spalle, moveva alla cruda battaglia.
Ed una danza v'era di Súperi, sacra: nel mezzo,
+
Ed una danza v'era di Superi, sacra: nel mezzo,
soavemente il figlio di Latona e di Zeus cantava
+
soavemente il figlio di [[Leto]] e di [[Zeus]] cantava
sopra la cetera d'oro. Dei Numi la sede, l'Olimpo
+
sopra la cetera d'oro. Dei Numi la sede, l'[[Olimpo (1)|Olimpo]]
 
v'era, e una piazza, e attorno, corona di Numi infinita
 
v'era, e una piazza, e attorno, corona di Numi infinita
a contemplare una gara. Le Muse Pieridi, al canto
+
a contemplare una gara. Le [[Muse]] Pieridi, al canto
 
davan principio, e voci di femmina avevano, acute.
 
davan principio, e voci di femmina avevano, acute.
 
Di buon ormeggio un porto, nel pelago senza riparo
 
Di buon ormeggio un porto, nel pelago senza riparo
Riga 211: Riga 211:
 
Un pescatore sedea su la spiaggia, e spiava, e una rete
 
Un pescatore sedea su la spiaggia, e spiava, e una rete
 
da pesci aveva in mano, parea che volesse gittarla.
 
da pesci aveva in mano, parea che volesse gittarla.
Di Danae chioma bella poi v'era, scolpito nell'oro,
+
Di [[Danae]] chioma bella poi v'era, scolpito nell'oro,
 
il figlio Perseo, e ai piedi cingeva gli alati calzari.
 
il figlio Perseo, e ai piedi cingeva gli alati calzari.
 
E non toccava coi pie' lo scudo, né pur n'era lungi:
 
E non toccava coi pie' lo scudo, né pur n'era lungi:
Riga 223: Riga 223:
 
d'oro; e, tremendo, il casco d'Averno stringeva al signore
 
d'oro; e, tremendo, il casco d'Averno stringeva al signore
 
la fronte; e lo cingeva notturna caligine fosca.
 
la fronte; e lo cingeva notturna caligine fosca.
Ed il figliuol di Danae, com'uomo che abbrivida e fugge,
+
Ed il figliuol di [[Danae]], com'uomo che abbrivida e fugge,
 
si distendeva al corso. Si precipitavan su lui,
 
si distendeva al corso. Si precipitavan su lui,
insazïabili quanto nessuno può dir, le Gorgòni,
+
insazïabili quanto nessuno può dir, le [[Gorgoni]],
 
bramose di ghermirlo. Squillava dal pallido ferro,
 
bramose di ghermirlo. Squillava dal pallido ferro,
 
sottessi i passi loro, lo scudo con alto fracasso,
 
sottessi i passi loro, lo scudo con alto fracasso,
Riga 232: Riga 232:
 
E lingueggiavano entrambi, nell'ira aguzzavano i denti,
 
E lingueggiavano entrambi, nell'ira aguzzavano i denti,
 
terribilmente guatando. Sovresse le orrende cervici
 
terribilmente guatando. Sovresse le orrende cervici
delle Gorgòni, orrore torcevasi immane. - Al disopra,
+
delle [[Gorgoni]], orrore torcevasi immane. - Al disopra,
 
uomini, d'armi guerriere coperti, pugnavano: questi
 
uomini, d'armi guerriere coperti, pugnavano: questi
 
che dalla strage schermo facevano ai proprî parenti,
 
che dalla strage schermo facevano ai proprî parenti,
Riga 239: Riga 239:
 
pugnavano; e sovresse le torri di bronzo, le donne
 
pugnavano; e sovresse le torri di bronzo, le donne
 
si laceravan le gote, levavano acute le grida,
 
si laceravan le gote, levavano acute le grida,
simili a donne vive: ch'Efesto le aveva scolpite.
+
simili a donne vive: ch'[[Efesto]] le aveva scolpite.
 
E gli uomini d'età, che avea già ghermiti vecchiaia,
 
E gli uomini d'età, che avea già ghermiti vecchiaia,
 
stavano fuor dalla porta raccolti, ed alzavan le mani
 
stavano fuor dalla porta raccolti, ed alzavan le mani
Riga 249: Riga 249:
 
di bere il negro sangue. E quei che ghermissero prima
 
di bere il negro sangue. E quei che ghermissero prima
 
già spento, oppur caduto ferito di fresco, su quello
 
già spento, oppur caduto ferito di fresco, su quello
l'immani unghie una d'esse gittava, e lo spirito all'Ade,
+
l'immani unghie una d'esse gittava, e lo spirito all'[[Ade]],
al Tartaro cruento scendeva. E quand'eran poi sazie
+
al [[Tartaro]] cruento scendeva. E quand'eran poi sazie
 
di sangue umano, dietro di sé lo gittavano, e ancora,
 
di sangue umano, dietro di sé lo gittavano, e ancora,
 
novellamente, correndo, moveano alla strage, al tumulto.
 
novellamente, correndo, moveano alla strage, al tumulto.
Cloto e Lachèsi innanzi movevano a tutte. Piú fiacca
+
[[Cloto]] e [[Lachesi]] innanzi movevano a tutte. Piú fiacca
+tropo, e di statura piú bassa, ma d'anni piú grave
+
[[Atropo]], e di statura piú bassa, ma d'anni piú grave
 
era di tutte l'altre, ché prima venuta era al giorno.
 
era di tutte l'altre, ché prima venuta era al giorno.
 
Tutte pugnavano a un uomo d'intorno una zuffa crudele,
 
Tutte pugnavano a un uomo d'intorno una zuffa crudele,
Riga 285: Riga 285:
 
divina. E c'era un campo di biade, profondo; ed alcuni
 
divina. E c'era un campo di biade, profondo; ed alcuni
 
con gli affilati falcetti mietevano i calami lunghi
 
con gli affilati falcetti mietevano i calami lunghi
gravi di spighe, onde poi si frange di Demetra il dono;
+
gravi di spighe, onde poi si frange di [[Demetra]] il dono;
 
altri in covoni poi le stringevan, battevano l'aia.
 
altri in covoni poi le stringevan, battevano l'aia.
 
E chi pei gran vigneti, dei vendemmiatori, alle ceste
 
E chi pei gran vigneti, dei vendemmiatori, alle ceste
 
grappoli bianchi e neri portava, di pampani gravi
 
grappoli bianchi e neri portava, di pampani gravi
 
tutti, e d'argentei viticci, chi colmi portava i canestri.
 
tutti, e d'argentei viticci, chi colmi portava i canestri.
Ed una vigna d'oro quivi era, d'Efesto lo scaltro
+
Ed una vigna d'oro quivi era, d'[[Efesto]] lo scaltro
 
opera egregia; e scoteva le foglie sui pali d'argento,
 
opera egregia; e scoteva le foglie sui pali d'argento,
 
carica tutta quanta di grappoli; e i grappoli, neri.
 
carica tutta quanta di grappoli; e i grappoli, neri.
Riga 304: Riga 304:
 
ché la vittoria a nessuno rideva, era incerta la gara.
 
ché la vittoria a nessuno rideva, era incerta la gara.
 
E nella lizza era esposto il premio d'un tripode grande,
 
E nella lizza era esposto il premio d'un tripode grande,
opra d'Efesto, l'artefice scaltro, foggiato nell'oro. -
+
opra d'[[Efesto]], l'artefice scaltro, foggiato nell'oro. -
Correva presso all'orlo l'Oceano, pareva rigonfio,
+
Correva presso all'orlo l'[[Oceano]], pareva rigonfio,
 
e tutto quanto cingeva lo scudo scolpito. E su quello,
 
e tutto quanto cingeva lo scudo scolpito. E su quello,
 
cigni per l'aria, con alto clamore volavano, a sommo
 
cigni per l'aria, con alto clamore volavano, a sommo
 
altri nuotavan dell'acque, d'intorno scherzavano pesci.
 
altri nuotavan dell'acque, d'intorno scherzavano pesci.
Era una meraviglia vederlo, sia pure per Zeus
+
Era una meraviglia vederlo, sia pure per [[Zeus]]
 
sire del tuono, pel cui comando lo scudo massiccio
 
sire del tuono, pel cui comando lo scudo massiccio
grande, manevole, Efesto costrusse. Il figliuolo di Zeus
+
grande, manevole, [[Efesto]] costrusse. Il figliuolo di [[Zeus]]
 
lo palleggiava con mano gagliarda.
 
lo palleggiava con mano gagliarda.
 
Balzò sopra il carro,
 
Balzò sopra il carro,
Riga 317: Riga 317:
 
con salto agile; e accanto l'auriga gagliardo Iolao
 
con salto agile; e accanto l'auriga gagliardo Iolao
 
a lui balzò, reggendo le briglie del carro ricurvo.
 
a lui balzò, reggendo le briglie del carro ricurvo.
E venne presso a loro la Diva occhicerula Atena,
+
E venne presso a loro la Diva occhicerula [[Atena]],
 
infuse in essi fede, con queste veloci parole:
 
infuse in essi fede, con queste veloci parole:
«O di Lincèo, l'eroe glorïoso progenie, salute.
+
«O di Linceo, l'eroe glorïoso progenie, salute.
Zeus che impera sui Numi beati, gran gloria v'accorda,
+
[[Zeus]] che impera sui Numi beati, gran gloria v'accorda,
 
che morte a Cigno diate, che l'armi sue belle indossiate.
 
che morte a Cigno diate, che l'armi sue belle indossiate.
 
E un'altra cosa, o prode fra tutti i mortali, ti dico:
 
E un'altra cosa, o prode fra tutti i mortali, ti dico:
 
allor che della vita sua dolce avrai Cigno privato,
 
allor che della vita sua dolce avrai Cigno privato,
 
lascialo, lascia l'armi sue belle ove cadde; e tu fissa
 
lascialo, lascia l'armi sue belle ove cadde; e tu fissa
Ares omicida, mentre s'avanza, ove ignudo lo vegga,
+
[[Ares]] omicida, mentre s'avanza, ove ignudo lo vegga,
 
sotto lo scudo ornato: qui vibra l'aguzzo tuo bronzo,
 
sotto lo scudo ornato: qui vibra l'aguzzo tuo bronzo,
 
e indietro fatti, poi, ché fato non è che tu possa
 
e indietro fatti, poi, ché fato non è che tu possa
Riga 331: Riga 331:
 
Poi ch'ebbe detto cosí, sul cocchio la Dea fra le Dive,
 
Poi ch'ebbe detto cosí, sul cocchio la Dea fra le Dive,
 
che la vittoria e la gloria reggea nelle mani immortali,
 
che la vittoria e la gloria reggea nelle mani immortali,
balzò con un gran lancio. Iolao generato da Zeus
+
balzò con un gran lancio. Iolao generato da [[Zeus]]
 
die', con un grido orrendo, l'aíre ai corsieri; e a quell'urlo,
 
die', con un grido orrendo, l'aíre ai corsieri; e a quell'urlo,
 
trassero, empiendo il piano di polvere, il cocchio veloce:
 
trassero, empiendo il piano di polvere, il cocchio veloce:
ché furia in essi infuse la Diva occhicerula Atena,
+
ché furia in essi infuse la Diva occhicerula [[Atena]],
che l'Egida scoteva: rombava dintorno la terra.
+
che l'[[Egida]] scoteva: rombava dintorno la terra.
 
E a un tempo anche moveano, parevano fuoco o procella,
 
E a un tempo anche moveano, parevano fuoco o procella,
Cigno, l'equestre signore, con Ares mai sazio di pugne.
+
Cigno, l'equestre signore, con [[Ares]] mai sazio di pugne.
 
E, a fronte a fronte gli uni degli altri, d'entrambi i cavalli
 
E, a fronte a fronte gli uni degli altri, d'entrambi i cavalli
 
nitriti alti levarono, e l'eco s'effuse d'intorno.
 
nitriti alti levarono, e l'eco s'effuse d'intorno.
Eracle invitto disse fra loro le prime parole:
+
[[Eracle]] invitto disse fra loro le prime parole:
 
«Perché, stolido Cigno, spingete i veloci cavalli
 
«Perché, stolido Cigno, spingete i veloci cavalli
 
contro di noi, cosí sperti di pene e travagli? Su via,
 
contro di noi, cosí sperti di pene e travagli? Su via,
 
fatti in disparte col carro tuo ben levigato, il cammino
 
fatti in disparte col carro tuo ben levigato, il cammino
lasciami libero, cedi. Io sono diretto a Trachíine,
+
lasciami libero, cedi. Io sono diretto a Trachine,
presso Ceíce sovrano. Ché questi, col senno e la forza,
+
presso Ceice sovrano. Ché questi, col senno e la forza,
regna in Trachíne, bene lo sai da te stesso: ché sposa
+
regna in Trachine, bene lo sai da te stesso: ché sposa
hai la sua figlia, tu, Temistònoe dai ceruli cigli.
+
hai la sua figlia, tu, Temistonoe dai ceruli cigli.
 
O stolido, se mai dovessimo a pugna venire,
 
O stolido, se mai dovessimo a pugna venire,
neppur Ares da te potrà tener lungi la morte.
+
neppur [[Ares]] da te potrà tener lungi la morte.
 
Un'altra volta già, ti dico, dové fare prova
 
Un'altra volta già, ti dico, dové fare prova
della mia lancia, quando, nei pressi di Pilo sabbiosa,
+
della mia lancia, quando, nei pressi di [[Pilo]] sabbiosa,
 
a fronte egli mi stette, per brama implacata di pugna.
 
a fronte egli mi stette, per brama implacata di pugna.
 
Tre volte egli toccò la terra, tre volte colpito
 
Tre volte egli toccò la terra, tre volte colpito
Riga 368: Riga 368:
 
rotano impetuose, sinché non pervengono al piano:
 
rotano impetuose, sinché non pervengono al piano:
 
cosí, con alte grida, piombarono l'uno su l'altro.
 
cosí, con alte grida, piombarono l'uno su l'altro.
E tutta la città di Mirmídone, e l'inclita Iolco,
+
E tutta la città di Mirmidone, e l'inclita Iolco,
ed Arne, con Antèa l'erbosa, o con Elica, un'eco
+
ed Arne, con Antea l'erbosa, o con Elica, un'eco
 
lunga a quel grido mandò. Piombarono l'uno su l'altro
 
lunga a quel grido mandò. Piombarono l'uno su l'altro
 
con ululo infinito. Tuonò fieramente il sagace
 
con ululo infinito. Tuonò fieramente il sagace
figlio di Crono, e versò dal cielo sanguigna rugiada,
+
figlio di [[Crono]], e versò dal cielo sanguigna rugiada,
 
per inviare un segno di guerra al magnanimo figlio.
 
per inviare un segno di guerra al magnanimo figlio.
 
Come per valli alpestri selvose, terribile un apro,
 
Come per valli alpestri selvose, terribile un apro,
Riga 379: Riga 379:
 
gocciola giú, le pupille somigliano a fuoco che arda,
 
gocciola giú, le pupille somigliano a fuoco che arda,
 
irti sul dorso e su la criniera si drizzano i peli:
 
irti sul dorso e su la criniera si drizzano i peli:
simile a questo, il figlio di Zeus discese dal carro.
+
simile a questo, il figlio di [[Zeus]] discese dal carro.
 
Erano i dí che la bruna canora cicala, sul ramo
 
Erano i dí che la bruna canora cicala, sul ramo
 
tenero verde, a cantare comincia l'Estate ai mortali,
 
tenero verde, a cantare comincia l'Estate ai mortali,
Riga 400: Riga 400:
 
impetuosamente le corsero, ad aspro conflitto:
 
impetuosamente le corsero, ad aspro conflitto:
 
cosí quelli, gridando, balzarono l'uno su l'altro.
 
cosí quelli, gridando, balzarono l'uno su l'altro.
E qui, Cigno, bramoso d'uccidere il figlio di Zeus
+
E qui, Cigno, bramoso d'uccidere il figlio di [[Zeus]]
 
onnipossente, vibrò sul suo scudo la lancia di bronzo;
 
onnipossente, vibrò sul suo scudo la lancia di bronzo;
 
né il bronzo si spezzò: ché schermo fe' l'opra del Nume.
 
né il bronzo si spezzò: ché schermo fe' l'opra del Nume.
Eracle, invece, il figlio possente d'Anfitrione,
+
[[Eracle]], invece, il figlio possente d'Anfitrione,
 
gagliardamente immerse fra l'elmo e lo scudo la lancia,
 
gagliardamente immerse fra l'elmo e lo scudo la lancia,
 
nel collo, ov'esso ignudo pareva, al disotto del mento.
 
nel collo, ov'esso ignudo pareva, al disotto del mento.
 
Il frassino omicida recise l'un tèndine e l'altro,
 
Il frassino omicida recise l'un tèndine e l'altro,
 
ché grande era la forza del colpo. E piombò come quercia
 
ché grande era la forza del colpo. E piombò come quercia
piomba, o scoscesa rupe, colpita dal folgor di Zeus.
+
piomba, o scoscesa rupe, colpita dal folgor di [[Zeus]].
 
Cosí piombò: su lui suonarono l'armi di bronzo.
 
Cosí piombò: su lui suonarono l'armi di bronzo.
E allora lo lasciò di Zeus l'impavido figlio,
+
E allora lo lasciò di [[Zeus]] l'impavido figlio,
ed aspettò guardingo l'arrivo di Ares omicida,
+
ed aspettò guardingo l'arrivo di [[Ares]] omicida,
 
fissandolo con occhi terribili, al par d'un leone
 
fissandolo con occhi terribili, al par d'un leone
 
che in una preda s'imbatte, la pelle con l'unghie possenti
 
che in una preda s'imbatte, la pelle con l'unghie possenti
Riga 419: Riga 419:
 
farglisi contro ardisce, combatter con lui faccia a faccia.
 
farglisi contro ardisce, combatter con lui faccia a faccia.
 
D'Anfitrione il figlio mai sazio di zuffe, di fronte
 
D'Anfitrione il figlio mai sazio di zuffe, di fronte
stette a Ares cosí, crescendogli in cuore il coraggio,
+
stette a [[Ares]] cosí, crescendogli in cuore il coraggio,
 
impetuoso; e quegli, crucciato, si fece a lui presso;
 
impetuoso; e quegli, crucciato, si fece a lui presso;
 
e con orrende grida, piombarono l'uno su l'altro.
 
e con orrende grida, piombarono l'uno su l'altro.
Riga 426: Riga 426:
 
con gran fragore; ed ecco, si oppone al suo corso un gran poggio:
 
con gran fragore; ed ecco, si oppone al suo corso un gran poggio:
 
quivi essa cozza; e il poggio l'arresta: con simile romba
 
quivi essa cozza; e il poggio l'arresta: con simile romba
balzò, gridando, Ares, flagello dei carri. Ma quello
+
balzò, gridando, [[Ares]], flagello dei carri. Ma quello
súbito contro gli stette. E Atena, figliuola di Zeus,
+
súbito contro gli stette. E [[Atena]], figliuola di [[Zeus]],
contro si fece a Ares, schermita dall'égida fosca,
+
contro si fece a [[Ares]], schermita dall'égida fosca,
 
e bieco lo guardò, gli volse cosí la parola:
 
e bieco lo guardò, gli volse cosí la parola:
«Ares, trattieni il cuore furente e l'invitto tuo braccio:
+
«[[Ares]], trattieni il cuore furente e l'invitto tuo braccio:
perché fato non è che tu Eracle stermini, il figlio
+
perché fato non è che tu [[Eracle]] stermini, il figlio
dal temerario cuore di Zeus, e che l'armi ne indossi.
+
dal temerario cuore di [[Zeus]], e che l'armi ne indossi.
 
Via, dalla zuffa desisti, né starmi di contro a battaglia».
 
Via, dalla zuffa desisti, né starmi di contro a battaglia».
Cosí disse; né il cuore superbo di Ares convinse;
+
Cosí disse; né il cuore superbo di [[Ares]] convinse;
 
ma con grandi urli, l'armi, che fuoco pareano, vibrando,
 
ma con grandi urli, l'armi, che fuoco pareano, vibrando,
rapidamente balzò sopra Eracle forte, anelando
+
rapidamente balzò sopra [[Eracle]] forte, anelando
 
di dargli morte. E a furia - tant'ira l'ardeva pel figlio
 
di dargli morte. E a furia - tant'ira l'ardeva pel figlio
 
spento - dal grande scudo vibrò la sua lancia di bronzo.
 
spento - dal grande scudo vibrò la sua lancia di bronzo.
 
Ma si protese dal carro la Diva dagli occhi azzurrini,
 
Ma si protese dal carro la Diva dagli occhi azzurrini,
 
e volse altrove il colpo dell'asta. Ed acuto cordoglio
 
e volse altrove il colpo dell'asta. Ed acuto cordoglio
invase Ares. E fuori traendo l'aguzza sua spada,
+
invase [[Ares]]. E fuori traendo l'aguzza sua spada,
contro Eracle balzò, dal cuore magnanimo. E il figlio
+
contro [[Eracle]] balzò, dal cuore magnanimo. E il figlio
 
d'Anfitrione, che mai non fu sazio dell'orrida pugna,
 
d'Anfitrione, che mai non fu sazio dell'orrida pugna,
 
sotto lo scudo bello, la coscia, ove ignuda appariva,
 
sotto lo scudo bello, la coscia, ove ignuda appariva,
Riga 450: Riga 450:
 
carro e i cavalli, il Dio sollevaron da terra, sul carro
 
carro e i cavalli, il Dio sollevaron da terra, sul carro
 
lo posero, di fregi molteplici ornato, le sferze
 
lo posero, di fregi molteplici ornato, le sferze
vibraron sui cavalli, tornarono ai picchi d'Olimpo.
+
vibraron sui cavalli, tornarono ai picchi d'[[Olimpo (1)|Olimpo]].
 
Ed il figliuolo d'Alcmena, con Iolao coperto di gloria,
 
Ed il figliuolo d'Alcmena, con Iolao coperto di gloria,
 
poscia che l'armi belle dagli omeri tolser di Cigno,
 
poscia che l'armi belle dagli omeri tolser di Cigno,
 
partirono; e sul carro veloce pervennero presto
 
partirono; e sul carro veloce pervennero presto
alla città di Trechíne. E Atena dagli occhi azzurrini
+
alla città di Trachine. E [[Atena]] dagli occhi azzurrini
novellamente tornò del padre alla casa, in Olimpo.
+
novellamente tornò del padre alla casa, in [[Olimpo (1)|Olimpo]].
 
E Cice a Cigno diede sepolcro, col popolo immenso
 
E Cice a Cigno diede sepolcro, col popolo immenso
 
che, intorno alla città dell'illustre sovrano, abitava
 
che, intorno alla città dell'illustre sovrano, abitava
Ante, con la città dei Mirmídoni insigne, e Iaòlco
+
Ante, con la città dei [[Mirmidoni]] insigne, e Iolco
Elide ed Arne. A onorare Ceíce diletto ai Celesti,
+
Elide ed Arne. A onorare Ceice diletto ai Celesti,
 
popolo molto s'accolse. Ma poscia invisibili rese
 
popolo molto s'accolse. Ma poscia invisibili rese
 
tumulo e tomba, gonfio di piogge invernali, l'Anauro.
 
tumulo e tomba, gonfio di piogge invernali, l'Anauro.
Febo volle cosí, perché Cigno, chiunque recasse
+
[[Febo]] volle cosí, perché Cigno, chiunque recasse
 
sacre ecatombi a Pito, tendeva l'insidia a predarle.
 
sacre ecatombi a Pito, tendeva l'insidia a predarle.
 
</poem>
 
</poem>

Versione delle 09:14, 17 apr 2017

O come, abbandonate le case e la terra paterna,
seguendo Anfitrione possente guerriero, la figlia
d'Elettrione venne, pastore di popoli, a Tebe.
Essa brillava su tutta la molle feminea stirpe,
di forma, di statura: fra quante mortali ai Celesti
diedero figlie, nessuna con lei contendeva di senno:
a lei dal capo giú, dalla chioma cerulëa bruna,
spirava un'aura, come da Cipride, l'aurëa Diva.
E tanto ella in cuor suo venerava lo sposo diletto,
quanto nessuna mai l'onorò delle tenere donne,
sebbene ucciso il padre le aveva, ché in pugna lo vinse,
ch'era adirato pei bovi. Fuggiasco dal suolo paterno,
a Tebe venne, e volse la prece ai Cadmei valorosi.
E con la casta sposa quivi egli abitava, ma privo
del genïale amore: ché ascendere il letto d'Alcmena
dai bei malleoli, gli era conteso, se pria non avesse
tratta vendetta dello sterminio dei prodi fratelli
della sua sposa, ed arse, col fuoco che tutto distrugge,
dei Teleboi, dei Tasi, prodissimi eroi, le borgate.
Tale il destino suo: ne furon gli Dei testimoni.
Ed ei, l'ira dei Numi temendo, a compir s'affrettava,
quanto poteva piú, la gran gesta prescritta da Zeus.
Ed i Beoti con lui, bramosi di pugne e di zuffe,
usi a sferzare cavalli, terribili sotto i palvesi,
e i Locri, usi a combatter da presso, ed i prodi Focesi,
seguiano: era signore di questi il figliuolo d'Alceo,
fiero dei popoli suoi. Ma degli uomini il padre e dei Numi
altro consiglio volgeva: volea generar contro il male,
pei Numi e pei mortali che cibano pane, uno schermo.
E dall'Olimpo balzò, macchinando nel cuore un inganno,
di notte, ché bramava l'amor della donna elegante.
A Tifaone presto pervenne, ed ancora movendo,
giunse alla vetta piú alta del Ficio il saggissimo Zeus.
E quivi stette, e volse la mente a un'impresa divina:
ché, nella stessa notte, d'Alcmena dall'agil caviglia
il letto ascese Zeus, l'amò, sazïò la sua brama.
Ed anche Anfitrione, l'eroe condottiero di turbe,
compiuta la gran gesta, tornò quella sera al suo tetto.
Né tra i famigli andò, non andò fra i pastori nei campi,
ma pria della sua sposa nel talamo venne l'eroe:
tal desiderio ardeva nel cuore al pastore di genti.
Come allorquando un uomo sfuggito a un malanno s'allegra,
quando abbia un grave morbo fuggito, o una dura prigione,
Anfitrione cosí, compiuta la dura sua gesta,
alla sua casa giunse con cuore giocondo e felice.
E giacque con la casta consorte per tutta la notte,
le gioie d'Afrodite godendo, dell'aurëa Diva.
E da un Celeste amata la donna, e da un uomo perfetto,
nella settemplice Tebe die' a luce due gemini figli.
Ma l'uno uguale all'altro non eran, sebbene fratelli:
ché l'uno era da meno, di molto migliore era l'altro
figliuolo: Eracle esso era, gagliardo, terribile, invitto.
Questo la donna al figlio di Crono dai nuvoli negri
concetto aveva; ad Anfitrione signore di genti
Ificle: ben diversi rampolli: ché l'uno a un mortale,
e l'altro avea la donna concetto al Signor dei Celesti.
E questi Cigno uccise, di Ares il magnanimo figlio,
ché lo trovò nel bosco d'Apollo che lungi saetta,
lui con suo padre Ares, che mai non è sazio di guerre,
chiusi nell'armi, come barbagli di fiamma che arda,
ritti sul carro ambedue: scalpitavano i ratti corsieri,
l'unghie battevano, e intorno bruciava la polvere ad essi,
percossa sotto il carro massiccio ed il pie' dei cavalli.
Il ben costrutto cocchio squillava, squillavan le ruote,
correndo i due corsieri. Lieto era il fortissimo Cigno,
perché sperava il figlio possente di Zeus e l'auriga
uccidere col bronzo, vestirsi dell'armi sue belle.
Ma non l'udí Febo Apollo, mentr'egli pregava: ché invece
accrebbe contro lui la forza del figlio di Zeus.
E tutto quanto il bosco d'Apollo Pegàso e l'altare
riscintillava per l'armi del Nume tremendo e di Cigno,
dagli occhi loro un fuoco fulgeva. Qual mai dei mortali
l'ardire avrebbe avuto di farsi a lui contro, se togli
Eracle, e il fido suo scudiero Iolao? Ma ben grande
era di quell'eroe la forza, ma invitte le braccia
sopra le membra massicce sporgevan dagli òmeri fuori.
Al suo possente auriga, cosí disse allora, a Iolao:
«Iolao, campione a me diletto fra gli uomini tutti,
molto di certo peccò contro i Numi signori d'Olimpo,
Anfitrione, quel dí che a Tebe dal fulgido serto
venne, che avea Tirinto lasciata, la solida rocca,
poscia ch'Elettrione, pei bovi cornigeri, uccise.
Lieti lo accolsero quelli, gli diedero quanto era d'uopo,
quanto a un fuggiasco offrire si deve, e gli resero onore.
E lieto egli vivea con Alcmena sua sposa, dal vago
malleolo. E a luce noi, dopo un breve trascorrere d'anni,
tuo padre ed io venimmo, che d'indole pari e di senno
non eravamo punto: ché il senno a lui tolse il Cronide,
sicché, la casa sua lasciata ed i suoi genitori,
partí, ché volle un uomo ribaldo onorare, Euristeo.
Lo sciagurato poi dové farne gran pianto, e pentirsi
del fallo suo; ma piú revocarlo, possibil non era.
Gravi travagli a me un Demone invece prescrisse.
O mio caro, su via, stringi or tu le purpuree briglie
dei rapidi corsieri, moltiplica in seno l'ardire,
il carro e dei veloci corsieri la forza diritto
avventa, e non temere di Ares omicida il frastuono,
che con acute grida va or furïando pel bosco
sacro d'Apollo Febo, del Dio che lontano saetta.
Sazio dovrà dichiararsi, per quanto sia forte, di guerra».
E questo a lui Iolao, rispose, l'eroe senza pecca:
«O caro, assai, di certo degli uomini il padre e dei Numi,
assai l'Enosigeo t'onora, che vago è di tori,
che l'alte mura e la rocca di Tebe possiede e protegge:
tale un mortale, cosí gigante, cosí valoroso,
sotto le mani tue conducon, ché gloria tu n'abbia.
Su' dunque, indossa l'armi di guerra, ché, senza indugiare,
l'uno su l'altro i carri lanciando, di Ares ed il nostro,
si pugni; ei non potrà spaventare il figliuolo di Zeus
senza paura, né d'Ificle il figlio; ma penso che invece
egli fuggire dovrà dai figli del figlio d'Alceo
che sono presso a lui, che cupidi sono di guerra,
cupidi della zuffa, che a lor grata è piú del banchetto».
Disse cosí. Sorrise, ché in cuore godeva, la forza
d'Eracle: tanto a lui tornarono grati quei detti.
E gli rispose, e a lui parlò queste alate parole:
«Iolao, saldo campione nutrito da Zeus, non lungi
è l'aspra pugna, e tu, come fosti sin qui valoroso,
Aríone, il gran cavallo dai ceruli crini, anche adesso
in giro spingi, e piú che puoi, dammi aiuto alla pugna».
E, cosí detto, alle gambe d'attorno legò gli schinieri
di lucido oricalco, d'Efesto bellissimo dono,
i fianchi cinse poi tutto in giro col bel corsaletto
istorïato, foggiato nell'oro: l'aveva donato
a lui Pallade Atena, la figlia di Zeus, quand'egli
dovea la prima volta provarsi nei duri cimenti.
Poi quel tremendo, il ferro che tiene lontana la morte,
sugli omeri adattò: fissandolo al petto, il turcasso
concavo, dietro le spalle gittò: dentro v'erano molte
frecce, di muta morte ministre, di brividi orrendi.
In punta avevano esse la morte, stillavano pianto,
erano levigate nel mezzo, lunghissime, e dietro
velate con le piume dell'aquila fulvida negra.
La lancia indi impugnò, con la punta di lucido bronzo,
orrida, sopra il capo gagliardo una gàlea pose,
istorïata di fregi, infrangibile, adatta alle tempie:
d'Eracle il capo questa schermiva, del fig lio di Zeus.
Poscia lo scudo, vario d'agèmine, prese; né alcuno
franto lo avrebbe, ammaccato di colpi: stupore a vederlo.
Ché tutto quanto in giro, di smalto e di candido avorio
riscintillava, e d'oro fulgea tutto quanto e d'elettro.
Un drago, poi dal centro spirava indicibile orrore,
che con pupille oblique fissava, e brillava di fuoco;
e nella bocca una fila correva di candide zanne,
terribili, funeste. Sovr'essa l'orribil sua fronte,
Eris svolazzava, che gli uomini a guerra schierava,
funerëa, che il cuore, che il senno rapiva ai mortali
che faccia a faccia, contro pugnassero al figlio di Zeus.
Erano ancora qui figurati l'Attacco e la Fuga,
la Strage quivi ardea, lo Strepito ardea, l'Omicidio,
vi furïava il Tumulto, la Rissa, la Parca funesta,
che un uomo or or ferito stringeva, uno illeso, ed un altro
morto, e lo trascinava, ghermitolo al piè, tra la zuffa.
L'anime loro, poi, s'immergono sotto la terra,
entro nell'Ade, l'ossa d'intorno alla madida pelle
si putrefanno sul negro terreno alla vampa di Sirio.
Bruna di sangue umano sugli òmeri aveva una veste,
terribilmente guatava, gridava, strillava a gran voce.
E, piú che non si dica, terribili, teste di serpi
v'erano, dodici; e in seno spiravan terrore ai mortali
che a faccia a faccia contro movessero al figlio di Zeus.
Alto suonava dei denti lo strepito, quando pugnava
d'Anfitrione il figlio, mandavano fiamme le insegne.
Eran varïegati di punti gli orribili draghi:
azzurri sopra il dorso, ma negre parean le mascelle.
E branchi c'eran poi di cinghiali selvaggi e leoni,
che gli uni sopra gli altri gittavano gli occhi furenti,
cupidi, e andavan fitte le loro falangi; né questi
tremavano, né quelli: sul collo, irti i crini ad entrambi.
Ché già spento un immane leone giaceva, ed intorno,
privi di vita due cinghiali, e di sotto stillava
a terra il negro sangue. Cosí, le cervici stroncate,
giacevan dove uccisi li avevan gli orrendi leoni.
E piú crescea di zuffe la furia e l'émpito, in questi
e in quelli, apri selvaggi, leoni dagli occhi di fuoco.
C'era la zuffa poi dei Lapiti maestri di lancia,
col re Ceneo, Drianta, Piritoo, Proloco, Opleo,
Falero, Esodio, Mopso d'Ampico figliuol, Titaresio
prole di Ares, Teseo figliuolo d'Egeo, pari ai Numi:
essi d'argento, l'armi che ai fianchi cingevano, d'oro.
Eran dall'a ltra parte raccolti i Centauri, alla pugna,
intorno al gran Petraio, ad +sbolo vate d'augelli,
ad Arto, a Ureo dai negri capelli, a Mimante, a Drialo,
ai due Peucidi, a Perimedeo: tutti quanti foggiati
eran d'argento, e abeti stringevano d'oro fulgente.
E, fatto impeto insieme, cosí come fossero vivi,
con l'aste e con gli abeti da presso veniano alla pugna.
Ed eran qui di Ares terribile i ratti corsieri,
d'oro; e lo stesso Ares funesto s'ergea tutto in arme,
che un giavellotto in pugno stringeva, eccitava le turbe,
di sangue tutto brutto, che agli uomini, ritto sul carro,
togliea la vita; e presso gli stavan Terrore e Sgomento,
ch'erano tutti brama d'irrompere in mezzo alla pugna.
La Tritogenia figlia di Zeus, la vaga di prede,
v'era, e sembrava come volesse apprestare la pugna:
ché l'asta e l'elmo d'oro dal triplice ciuffo reggendo,
l'Egida su le spalle, moveva alla cruda battaglia.
Ed una danza v'era di Superi, sacra: nel mezzo,
soavemente il figlio di Leto e di Zeus cantava
sopra la cetera d'oro. Dei Numi la sede, l'Olimpo
v'era, e una piazza, e attorno, corona di Numi infinita
a contemplare una gara. Le Muse Pieridi, al canto
davan principio, e voci di femmina avevano, acute.
Di buon ormeggio un porto, nel pelago senza riparo
effigïato v'era, di stagno purissimo, tondo,
e che ondeggiasse pareva. Nel mezzo, parecchi delfini
guizzavano qua e là correndo, alla caccia dei pesci.
E nuotatori v'eran: due d'essi sbuffavano l'acqua;
e innanzi a loro, i pesci fuggivan, foggiati nel bronzo.
Un pescatore sedea su la spiaggia, e spiava, e una rete
da pesci aveva in mano, parea che volesse gittarla.
Di Danae chioma bella poi v'era, scolpito nell'oro,
il figlio Perseo, e ai piedi cingeva gli alati calzari.
E non toccava coi pie' lo scudo, né pur n'era lungi:
gran meraviglia a vederlo, ché punto non v'era poggiato:
con le sue mani cosí lo costrusse l'insigne Ambidestro.
Dal bàlteo, su le spalle pendeva una spada di bronzo
dai negri fregi: a volo movea, come vanno i pensieri,
l'eroe. Tutta la schiena copria della Gorgone il capo,
del mostro orrido; e tutta, stupore a veder, la cingeva
una bisaccia d'argento, svolavano lucide frange
d'oro; e, tremendo, il casco d'Averno stringeva al signore
la fronte; e lo cingeva notturna caligine fosca.
Ed il figliuol di Danae, com'uomo che abbrivida e fugge,
si distendeva al corso. Si precipitavan su lui,
insazïabili quanto nessuno può dir, le Gorgoni,
bramose di ghermirlo. Squillava dal pallido ferro,
sottessi i passi loro, lo scudo con alto fracasso,
tinnulo acuto; e sopra la cintola a ognuna di loro
si svincolavano due dragoni, inarcando le teste.
E lingueggiavano entrambi, nell'ira aguzzavano i denti,
terribilmente guatando. Sovresse le orrende cervici
delle Gorgoni, orrore torcevasi immane. - Al disopra,
uomini, d'armi guerriere coperti, pugnavano: questi
che dalla strage schermo facevano ai proprî parenti,
alla città: quegli altri tentavan di metterla a sacco.
Molti giacevano: i piú, capaci tuttor di pugnare,
pugnavano; e sovresse le torri di bronzo, le donne
si laceravan le gote, levavano acute le grida,
simili a donne vive: ch'Efesto le aveva scolpite.
E gli uomini d'età, che avea già ghermiti vecchiaia,
stavano fuor dalla porta raccolti, ed alzavan le mani
verso i Beati Celesti, temendo pei loro figliuoli.
Ed alla pugna questi badavano intanto. E le Parche
livide, dietro ad essi, dai candidi denti stridendo,
torve, terribili, tutte coperte di sangue, implacate,
rissa d'intorno ai caduti facevano, cupide tutte
di bere il negro sangue. E quei che ghermissero prima
già spento, oppur caduto ferito di fresco, su quello
l'immani unghie una d'esse gittava, e lo spirito all'Ade,
al Tartaro cruento scendeva. E quand'eran poi sazie
di sangue umano, dietro di sé lo gittavano, e ancora,
novellamente, correndo, moveano alla strage, al tumulto.
Cloto e Lachesi innanzi movevano a tutte. Piú fiacca
Atropo, e di statura piú bassa, ma d'anni piú grave
era di tutte l'altre, ché prima venuta era al giorno.
Tutte pugnavano a un uomo d'intorno una zuffa crudele,
e l'una contro l'altra volgevano gli occhi furenti,
l'unghie provavano l'una su l'altra, e le mani rapaci.
E presso a loro stava la querula Ambascia odïosa,
pallida, magra, cascante di fame, le gambe stecchite,
e l'unghie lunghe lunghe sporgean dalle dita: colava
dalle narici moccio, cadevano giú dalle guance
stille di sangue; ed essa, con grande stridore di denti,
stava, e sugli òmeri suoi si addensava la polvere fitta,
molle di pianto. - E presso, sorgeva una rocca turrita,
da sette porte d'oro difesa, connesse ben salde
dagli architravi. E dentro, le genti, in carole e in festini,
si sollazzavano. Alcuni, in un carro di rapide ruote,
guidavano allo sposo la sposa. Il sonoro imeneo
volava: in man le ancelle reggevan le fiaccole accese,
ed il fulgore lontano volava. Movevano innanzi
esse, di gioventú fiorenti: seguivano a schiere
i danzatori. Quelle, dai teneri labbri, al concento
delle sampogne acute levavano il canto, ed intorno
si rifrangeva l'eco. Guidavano al suon delle cetre
quelli l'amabile danza. - Poi giovani, altrove, in tripudio
al suon del flauto, questi godevan di balli e di canti,
quelli ridevano; e avanti movevano, ognuno seguendo
un suonator di flauto; e danze, piaceri, festini
empievan la città tutta quanta. - Dinanzi alla rocca,
genti ai cavalli in groppa correvano. - Intenti all'aratro
scalzavano i bifolchi, succinte le vesti, la terra
divina. E c'era un campo di biade, profondo; ed alcuni
con gli affilati falcetti mietevano i calami lunghi
gravi di spighe, onde poi si frange di Demetra il dono;
altri in covoni poi le stringevan, battevano l'aia.
E chi pei gran vigneti, dei vendemmiatori, alle ceste
grappoli bianchi e neri portava, di pampani gravi
tutti, e d'argentei viticci, chi colmi portava i canestri.
Ed una vigna d'oro quivi era, d'Efesto lo scaltro
opera egregia; e scoteva le foglie sui pali d'argento,
carica tutta quanta di grappoli; e i grappoli, neri.
E chi pigiava, e chi beveva. - Coi pugni, alla lotta,
si misuravano altri. - Correvano dietro alla lepre
i cacciatori, e i cani dai denti crudeli dinanzi:
questi ghermirle, quelle fuggire anelavano. - E presso
avean cavalïeri contesa fatica e travaglio
per una gara: stavan sui solidi carri, gli aurighi,
lente lasciando le briglie, sferzando i veloci cavalli;
e con gran romba i carri massicci volavano, i mozzi
stridevano alto; e mai non cessava la loro fatica:
ché la vittoria a nessuno rideva, era incerta la gara.
E nella lizza era esposto il premio d'un tripode grande,
opra d'Efesto, l'artefice scaltro, foggiato nell'oro. -
Correva presso all'orlo l'Oceano, pareva rigonfio,
e tutto quanto cingeva lo scudo scolpito. E su quello,
cigni per l'aria, con alto clamore volavano, a sommo
altri nuotavan dell'acque, d'intorno scherzavano pesci.
Era una meraviglia vederlo, sia pure per Zeus
sire del tuono, pel cui comando lo scudo massiccio
grande, manevole, Efesto costrusse. Il figliuolo di Zeus
lo palleggiava con mano gagliarda.
Balzò sopra il carro,
che folgore sembrò lanciata dal padre tonante,
con salto agile; e accanto l'auriga gagliardo Iolao
a lui balzò, reggendo le briglie del carro ricurvo.
E venne presso a loro la Diva occhicerula Atena,
infuse in essi fede, con queste veloci parole:
«O di Linceo, l'eroe glorïoso progenie, salute.
Zeus che impera sui Numi beati, gran gloria v'accorda,
che morte a Cigno diate, che l'armi sue belle indossiate.
E un'altra cosa, o prode fra tutti i mortali, ti dico:
allor che della vita sua dolce avrai Cigno privato,
lascialo, lascia l'armi sue belle ove cadde; e tu fissa
Ares omicida, mentre s'avanza, ove ignudo lo vegga,
sotto lo scudo ornato: qui vibra l'aguzzo tuo bronzo,
e indietro fatti, poi, ché fato non è che tu possa
predare né i cavalli del Nume, né l'armi sue belle.
Poi ch'ebbe detto cosí, sul cocchio la Dea fra le Dive,
che la vittoria e la gloria reggea nelle mani immortali,
balzò con un gran lancio. Iolao generato da Zeus
die', con un grido orrendo, l'aíre ai corsieri; e a quell'urlo,
trassero, empiendo il piano di polvere, il cocchio veloce:
ché furia in essi infuse la Diva occhicerula Atena,
che l'Egida scoteva: rombava dintorno la terra.
E a un tempo anche moveano, parevano fuoco o procella,
Cigno, l'equestre signore, con Ares mai sazio di pugne.
E, a fronte a fronte gli uni degli altri, d'entrambi i cavalli
nitriti alti levarono, e l'eco s'effuse d'intorno.
Eracle invitto disse fra loro le prime parole:
«Perché, stolido Cigno, spingete i veloci cavalli
contro di noi, cosí sperti di pene e travagli? Su via,
fatti in disparte col carro tuo ben levigato, il cammino
lasciami libero, cedi. Io sono diretto a Trachine,
presso Ceice sovrano. Ché questi, col senno e la forza,
regna in Trachine, bene lo sai da te stesso: ché sposa
hai la sua figlia, tu, Temistonoe dai ceruli cigli.
O stolido, se mai dovessimo a pugna venire,
neppur Ares da te potrà tener lungi la morte.
Un'altra volta già, ti dico, dové fare prova
della mia lancia, quando, nei pressi di Pilo sabbiosa,
a fronte egli mi stette, per brama implacata di pugna.
Tre volte egli toccò la terra, tre volte colpito
dalla mia lancia, e forato lo scudo: la quarta, spingendo
di tutta forza, immersi nel femore il cuspide, ruppi
di gran squarcio le carni. Piombò nella palvere prono.
E stette quivi, e segno d'obbrobrio restò pei Celesti,
ché sotto le mie mani lasciò le sue spoglie cruente».
Disse cosí. Ma Cigno dall'asta di frassino, ligio
ai detti suoi non fu, rattenere non volle i corsieri;
e rimbombò, mentr'essi movevano, l'ampia terra.
Come allorché d'un monte gigante dal vertice estremo
balzano rupi giú, strapiombano l'una su l'altra,
e assai querce d'eccelso fogliame si spezzano, e pini,
e pioppi dall'eccelse radici, quando esse dall'alto
rotano impetuose, sinché non pervengono al piano:
cosí, con alte grida, piombarono l'uno su l'altro.
E tutta la città di Mirmidone, e l'inclita Iolco,
ed Arne, con Antea l'erbosa, o con Elica, un'eco
lunga a quel grido mandò. Piombarono l'uno su l'altro
con ululo infinito. Tuonò fieramente il sagace
figlio di Crono, e versò dal cielo sanguigna rugiada,
per inviare un segno di guerra al magnanimo figlio.
Come per valli alpestri selvose, terribile un apro,
con le sporgenti zanne compare, anelando la pugna,
piantato obliquamente: la bocca digrigna, la spuma
gocciola giú, le pupille somigliano a fuoco che arda,
irti sul dorso e su la criniera si drizzano i peli:
simile a questo, il figlio di Zeus discese dal carro.
Erano i dí che la bruna canora cicala, sul ramo
tenero verde, a cantare comincia l'Estate ai mortali,
che solo ha per bevanda, per cibo, la molle rugiada,
e la sua voce effonde dall'alba, sinché dura il giorno,
nell'afa esosa, quando piú Sirio prosciuga la pelle:
i dí quando le reste compaion sui chicchi del miglio,
ch'è seminato l'està, quando invàiano i grappoli acerbi,
doni di Bromio che gioie comparte ai mortali e tormenti.
Pugnarono in quei dí, della pugna fu grande il fracasso.
E come due leoni, d'intorno ad un cervo abbattuto,
l'un contro l'altro, furore spirando, si avventano, e orrendo
suona il ruggito loro, lo strepito suona dei denti:
come avvoltoi dall'unghie rapaci, dal becco ricurvo
che sopra un'alta rupe si batton con fiero clangore,
per una capra alpestre, per una selvatica pingue
cervia, che un giovinetto, vibrando una freccia dall'arco,
trafisse; ed egli poi, dei luoghi inesperto, lontano
andò vagando: quelli la videro súbito, e intorno
impetuosamente le corsero, ad aspro conflitto:
cosí quelli, gridando, balzarono l'uno su l'altro.
E qui, Cigno, bramoso d'uccidere il figlio di Zeus
onnipossente, vibrò sul suo scudo la lancia di bronzo;
né il bronzo si spezzò: ché schermo fe' l'opra del Nume.
Eracle, invece, il figlio possente d'Anfitrione,
gagliardamente immerse fra l'elmo e lo scudo la lancia,
nel collo, ov'esso ignudo pareva, al disotto del mento.
Il frassino omicida recise l'un tèndine e l'altro,
ché grande era la forza del colpo. E piombò come quercia
piomba, o scoscesa rupe, colpita dal folgor di Zeus.
Cosí piombò: su lui suonarono l'armi di bronzo.
E allora lo lasciò di Zeus l'impavido figlio,
ed aspettò guardingo l'arrivo di Ares omicida,
fissandolo con occhi terribili, al par d'un leone
che in una preda s'imbatte, la pelle con l'unghie possenti
cupidamente gli fende, ne sazia l'ingorda sua brama,
e, sfavillando tremendo negli occhi, le spalle ed i fianchi
coi pié gli scava, e sferza la coda, e nessuno che veda
farglisi contro ardisce, combatter con lui faccia a faccia.
D'Anfitrione il figlio mai sazio di zuffe, di fronte
stette a Ares cosí, crescendogli in cuore il coraggio,
impetuoso; e quegli, crucciato, si fece a lui presso;
e con orrende grida, piombarono l'uno su l'altro.
Come allorquando una rupe si stacca da un vertice eccelso,
e con immensi balzi giú rotola, e irrompe furente
con gran fragore; ed ecco, si oppone al suo corso un gran poggio:
quivi essa cozza; e il poggio l'arresta: con simile romba
balzò, gridando, Ares, flagello dei carri. Ma quello
súbito contro gli stette. E Atena, figliuola di Zeus,
contro si fece a Ares, schermita dall'égida fosca,
e bieco lo guardò, gli volse cosí la parola:
«Ares, trattieni il cuore furente e l'invitto tuo braccio:
perché fato non è che tu Eracle stermini, il figlio
dal temerario cuore di Zeus, e che l'armi ne indossi.
Via, dalla zuffa desisti, né starmi di contro a battaglia».
Cosí disse; né il cuore superbo di Ares convinse;
ma con grandi urli, l'armi, che fuoco pareano, vibrando,
rapidamente balzò sopra Eracle forte, anelando
di dargli morte. E a furia - tant'ira l'ardeva pel figlio
spento - dal grande scudo vibrò la sua lancia di bronzo.
Ma si protese dal carro la Diva dagli occhi azzurrini,
e volse altrove il colpo dell'asta. Ed acuto cordoglio
invase Ares. E fuori traendo l'aguzza sua spada,
contro Eracle balzò, dal cuore magnanimo. E il figlio
d'Anfitrione, che mai non fu sazio dell'orrida pugna,
sotto lo scudo bello, la coscia, ove ignuda appariva,
gagliardamente trafisse, le carni di squarcio profondo
aprí, colpendo, il Nume rovescio mandò per le terre.
Spinsero súbito presso Sgomento e Terrore il veloce
carro e i cavalli, il Dio sollevaron da terra, sul carro
lo posero, di fregi molteplici ornato, le sferze
vibraron sui cavalli, tornarono ai picchi d'Olimpo.
Ed il figliuolo d'Alcmena, con Iolao coperto di gloria,
poscia che l'armi belle dagli omeri tolser di Cigno,
partirono; e sul carro veloce pervennero presto
alla città di Trachine. E Atena dagli occhi azzurrini
novellamente tornò del padre alla casa, in Olimpo.
E Cice a Cigno diede sepolcro, col popolo immenso
che, intorno alla città dell'illustre sovrano, abitava
Ante, con la città dei Mirmidoni insigne, e Iolco
Elide ed Arne. A onorare Ceice diletto ai Celesti,
popolo molto s'accolse. Ma poscia invisibili rese
tumulo e tomba, gonfio di piogge invernali, l'Anauro.
Febo volle cosí, perché Cigno, chiunque recasse
sacre ecatombi a Pito, tendeva l'insidia a predarle.