Biblioteca:Igino, Fabulae 185

Atalanta[modifica]

Raccontano che Scheneo aveva una figlia bellissima di nome Atalanta, che per la sua bravura superava gli uomini nella corsa. Atalanta aveva chiesto al padre di poter restare vergine, per cui Scheneo, dato che molti gli chiedevano la figlia in sposa, stabilì una prova: chi voleva sposarla doveva prima gareggiare con lei nella corsa. Veniva stabilito un traguardo; il pretendente fuggiva disarmato, Atalanta lo inseguiva con un giavellotto e, se riusciva a raggiungerlo entro il limite stabilito, lo uccideva e ne piantava il capo nello stadio. Ne aveva già vinti e uccisi molti, quando finalmente fu sconfitta da Ippomene, figlio di Megareo e di Merope, grazie a Afrodite, che aveva dato al giovane tre mele di straordinaria bellezza egli aveva spiegato come doveva usarle: infatti Ippomene, gettandole dietro di se durante la gara, aveva rallentato lo slancio della fanciulla, che per raccoglierle e ammirare l’oro di cui erano fatte aveva perso tempo, dandogli così la vittoria. Scheneo concesse volentieri a Ippomene la mano della figlia per l’astuzia di cui aveva dato prova, ma questi, quando ritornò in patria con la sua sposa, si dimenticò di averla vinta con l’aiuto di Afrodite e non rese grazie alla Dea. E così, mentre stava sacrificando a Zeus Vincitore sul monte Parnasso, fu preso da una brama improvvisa, ispiratagli dall’ira di Afrodite, e volle giacere con la sposa nel tempio stesso; per questo motivo Zeus li trasformò in una coppia di leoni, animali ai quali gli Dèi impediscono l’amplesso reciproco.