Biblioteca:Apollodoro, Biblioteca, I, 9

Versione del 18 mar 2019 alle 18:49 di Ilcrepuscolo (discussione | contributi) (Nuova pagina: Quanto ai figli di Eolo, Atamante regnò sulla Beozia, ed ebbe da Nefele il figlio Frisso e la figlia Elle. Poi sposò Ino, dalla quale ebbe Learco e Melicerte. Ma Ino voleva d...)
(diff) ← Versione meno recente | Versione attuale (diff) | Versione più recente → (diff)

Quanto ai figli di Eolo, Atamante regnò sulla Beozia, ed ebbe da Nefele il figlio Frisso e la figlia Elle. Poi sposò Ino, dalla quale ebbe Learco e Melicerte. Ma Ino voleva disfarsi dei figli di Nefele; allora convinse le donne a far seccare tutto il grano per la semina: le donne presero il grano di nascosto dai mariti e lo fecero seccare. Quando poi il grano fu seminato, la terra naturalmente non diede il raccolto annuale. Allora Atamante mandò a Delfi i suoi inviati, per chiedere al Dio come allontanare la carestia. E Ino convinse i messaggeri a riferire un falso responso: la terra sarebbe tornata fertile se Frisso fosse stato sacrificato a Zeus. Atamante udì il responso, e forzato anche dagli abitanti della regione, portò Frisso all'altare del Dio. Ma Nefele lo rapì, insieme alla figlia, e gli diede un ariete dal vello d'oro - dono di Ermes: i due ragazzi vi montarono sopra, e l'ariete li portò attraverso il cielo, superando terre e mari. Quando arrivarono al tratto di mare che si stende fra Sigeo e il Chersoneso, Elle precipitò negli abissi e morì: da allora quello stretto si chiama Ellesponto, in suo onore. Frisso invece raggiunse la Colchide, dove regnava Eete, figlio diElios e di Perseide, fratello di Circe e di Pasifae, quella che sposò Minosse. Eete lo accolse e gli diede in sposa una delle sue figlie, Calciope. Frisso allora sacrificò l'ariete dal vello d'oro a Zeus protettore degli esuli, e diede la sua pelle a Eete, che la inchiodò a una quercia nel bosco sacro ad Ares. Da Calciope, Frisso ebbe i figli Argo, Melante, Frontide e Citisoro. In seguito, per l'ira della Dea Era, Atamante fu privato anche dei figli avuti da Ino. Fu lui stesso, in preda alla follia, a uccidere Learco; allora Ino si gettò nel mare insieme a Melicerte. Bandito dalla Beozia, Atamante chiese all'oracolo di Apollo in quale terra potesse stabilirsi: e il Dio gli rispose di fermarsi nel posto dove le bestie selvagge l'avessero invitato a pranzo. Atamante vagò per tante terre, finché un giorno incontrò dei lupi che stavano mangiando dei pezzi di pecora: come lo videro, i lupi scapparono via, abbandonando il loro pasto. Allora Atamante si stabilì in quella regione, e la chiamò Atamanzia; poi sposò Temisto, figlia di Isseo, ed ebbe da lei i figli Leucone, Eritrio, Scheneo e Ptoo. Sisifo, figlio di Eolo, fondò la città di Efira - quella che adesso si chiama Corinto -e sposò Merope, figlia di Atlante. Dal loro matrimonio nacque Glauco, che a sua volta ebbe dalla sposa Eurimede il figlio Bellerofonte, quello che uccise la Chimera spirante fuoco. Sisifo sconta le sue colpe nell'Ade con la pena di un'enorme pietra che egli deve far rotolare, spingendola in salita con le mani e con la testa, per farla poi scendere dall'altra parte: ma una volta che sia riuscito a spingere il masso, questo poi rotola sempre indietro. Questa è la pena che Sisifo deve scontare a causa di Egina, la figlia di Asopo: quando Zeus rapì di nascosto la fanciulla, infatti, si dice che Sisifo fece la spia ad Asopo, che la stava cercando. Deione regnò sulla Focide, sposò Diomeda, figlia di Xuto, ed ebbe una femmina, Asterodia, e quattro maschi - Eneto, Attore, Filaco e Cefalo, che poi sposò Procri, figlia di Eretteo. Di lui poi si innamorò Eos, che lo rapì. Periere occupò il territorio di Messene e sposò Gorgofone, figlia di Perseo, dalla quale ebbe i figli Mareo, Leucippo, Tindareo e Icario. Molti sostengono che Periere non fosse figlio di Eolo, ma di Cinorte, figlio di Amicla: perciò i fatti che riguardano i discendenti di Periere verranno raccontati insieme a quelli della famiglia di Atlante. Magnete sposò una Ninfa Naiade, ed ebbe da lei i figli Polidette e Ditti, che colonizzarono Serifo. Salmoneo si stabilì prima in Tessaglia, poi giunse in Elide e vi fondò una città. Era un uomo tracotante, che voleva paragonarsi a Zeus, ma per questa sua empietà fu duramente punito. Salmoneo proclamava di essere lui stesso Zeus, e aveva imposto che a lui fossero dedicati i sacrifici, sottraendoli al culto di Zeus; al suo carro aveva legato delle pelli conciate con dentro dei calderoni di bronzo, e il clangore che producevano nell'essere trascinati diceva che era il tuono; e poi lanciava verso il cielo delle torce infuocate, dicendo che erano fulmini. Ma Zeus lo fulminò per davvero, lui e la città da lui fondata, con tutti i suoi abitanti. Tiro, figlia di Salmoneo e Alcidice, allevata da Creteo, fratello di Salmoneo, si innamorò del fiume Enipeo, e sempre vagava lungo le sue rive, piangendo. Allora Poseidone prese l'aspetto di Enipeo, e si unì alla fanciulla: lei partorì di nascosto due gemelli, e li espose. Mentre giacevano così abbandonati, passarono di lì per caso dei guardiani di cavalli, e una cavalla colpì con lo zoccolo uno dei due gemelli, lasciandogli sul viso una macchia scura. Un guardiano di cavalli prese con sé i bambini e li allevò: quello che aveva la macchia scura (pelios) lo chiamò Pelia, e l'altro Neleo. Quando furono grandi e vennero a sapere chi era la loro vera madre, i due fratelli uccisero la matrigna Sidero, che aveva fatto subire tanti tormenti alla loro madre Tiro: la donna, per sfuggire alla morte, si era rifugiata nel sacro recinto di Era, ma Pelia la sgozzò proprio davanti all'altare, e anche in seguito continuò a recare offesa alla Dea Era. Fra i due fratelli poi scoppiò una contesa; Neleo dovette andare in esilio, e si recò a Messene, fondò la città di Pilo e sposò Cloride, figlia di Anfione, dalla quale ebbe una femmina, Pero, e dodici maschi - Tauro, Asterio, Pilaone, Deimaco, Euribio, Epilao, Frasio, Eurimene, Evagora, Alastore, Nestore e Periclimeno, che ebbe da Poseidone la facoltà di mutare il suo aspetto. Quando Eracle venne ad assediare Pilo, Periclimeno combatté contro di lui tramutandosi ora in leone, ora in serpente, ora in ape, ma alla fine Eracle lo uccise, e con lui tutti gli altri figli di Neleo. Solo Nestore si salvò, perché veniva allevato presso i Gereni; egli poi sposò Anassibia, figlia di Cratieo, ed ebbe due figlie, Pisidice e Policaste, e sette figli, Perseo, Stratico, Areto, Echefrone, Pisistrato, Antiloco e Trasimede. Pelia si stabilì in Tessaglia e sposò Anassibia, figlia di Biante (ma altri dicono che sua sposa fu Filomache, figlia di Anfione); da lei ebbe un figlio, Acasto, e quattro femmine, Pisidice, Pelopia, Ippotoe e Alcesti. Creteo fondò Iolco e sposò Tiro, la figlia di Salmoneo, dalla quale ebbe i figli Esone, Amitaone e Ferete. Amitaone visse a Pilo e sposò Idomene, figlia di Ferete, ed ebbe i figli Biante e Melampo. Melampo si ritirò a vivere in campagna, e aveva come casa il tronco di una quercia, nella quale c'era anche un nido di serpenti. Un giorno i suoi servi uccisero tutti i serpenti: allora Melampo raccolse della legna, bruciò i corpi dei rettili e allevò i loro piccoli. Quando furono diventati grandi, i serpenti si avvicinarono a lui mentre dormiva, gli salirono sulle spalle e gli pulirono le orecchie con la lingua. Melampo saltò in piedi pieno di spavento, ma si accorse allora di capire il linguaggio degli uccelli che volavano sopra di lui: e da quel momento egli apprese da loro tante cose, che poi profetizzava agli uomini rivelando il futuro. Imparò anche l'arte di rendere vaticini con il sacrificio delle vittime, quel giorno che incontrò Apollo sulle rive dell'Alfeo: e da allora fu per sempre un grande profeta. Biante chiese la mano di Pero, figlia di Neleo. Ma molti erano i suoi pretendenti: e Neleo l'aveva promessa in sposa al giovane che fosse riuscito a portargli il bestiame di Ificlo. Queste mandrie risiedevano a Filace, ed erano custodite da un cane che impediva a uomini e bestie di avvicinarsi. Non potendo quindi rubare il bestiame, Biante chiese l'aiuto di suo fratello. Melampo promise di dargli una mano, e gli rivelò quello che sarebbe successo: chi fosse stato scoperto a rubare il bestiame avrebbe fatto un anno di prigionia, ma poi il bestiame sarebbe stato suo. Data la sua parola, Melampo andò a Filace e, proprio come aveva predetto, fu scoperto nell'atto di rubare le bestie e messo in prigione. Era quasi passato un anno, quando Melampo sentì dei tarli che parlavano in un angolino del tetto; e uno chiedeva: «Per quanto tempo ancora dovremo rodere questa trave?» E gli altri risposero: «Ormai è quasi fatta!» Allora Melampo chiese di essere trasferito subito in un'altra cella, e infatti poco dopo la sua vecchia cella rovinò. Filaco restò impressionato: venuto a sapere che Melampo era un così grande indovino, lo liberò e gli chiese di rivelare perché suo figlio Ificlo non avesse ancora dei bambini. Melampo promise di aiutarlo, se Pilaco gli avesse donato il suo bestiame. Sacrificò due tori, li tagliò a pezzi e chiamò gli uccelli. Arrivò un avvoltoio, e da lui Melampo apprese che, tanto tempo prima, Filaco aveva sacrificato degli arieti, cominciando a tagliarli dalla parte dei genitali, e poi aveva posato il coltello, ancora sanguinante, proprio vicino a Ificlo. Il ragazzo si spaventò e fuggì via, e il padre allora conficcò il coltello nel tronco della quercia sacra: la corteccia poi era cresciuta tanto da avvolgere il coltello e farlo sparire completamente. Bisognava dunque ritrovare il coltello, grattargli via la ruggine e darla da bere a Ificlo per dieci giorni di seguito: solo così avrebbe potuto far figli. Saputo questo dall'avvoltoio, Melampo trovò il coltello, grattò via la ruggine e la diede da bere a Ificlo per dieci giorni di seguito: e al giovane nacque un figlio, Podarce. Così Melampo condusse la mandria a Pilo, ebbe in cambio la figlia di Neleo, e la consegnò al fratello. L'indovino restò a Messene ancora per molto tempo; ma un giorno le donne di Argo furono fatte impazzire da Dioniso, e Melampo accettò di guarirle in cambio di una parte di regno: così andò, e Melampo si stabilì in quella regione, insieme al fratello Biante. Da Biante e Pero nacque Talao, che sposò Lisimache, figlia di Abante, a sua volta figlio di Melampo: da lei Talao ebbe Adrasto, Partenopeo, Pronace, Mecisteo, Aristomaco, e infine Erifile, che andò sposa ad Anfiarao. Partenopeo generò Promaco, che combatté contro Tebe insieme agli Epigoni; Mecisteo generò Eurialo, che partecipò alla spedizione contro Troia; Pronace generò Licurgo; e Adrasto ebbe da Anfitea, figlia di Pronace, tre femmine - Argia, Deipile ed Egialia - e due maschi - Egialeo e Cianippo. Perete, figlio di Creteo, fondò la città di Pere in Tessaglia, e generò i figli Admeto e Licurgo. Quest'ultimo si stabilì nel territorio di Nemea, sposò Euridice (o forse, come alcuni sostengono, Anfitea), e generò Ofelte, che in seguito venne chiamato Archemoro. Al tempo in cui Admeto era ormai re di Pere, Apollo entrò al suo servizio, e lo aiutò a ottenere in sposa Alcesti, la figlia di Pelia. Questi aveva emesso un bando: sua figlia Alcesti sarebbe stata sposa dell'uomo capace di aggiogare al carro un leone e un cinghiale. Apollo subito li aggiogò, e diede il carro ad Admeto, che lo condusse poi a Pelia, ottenendo Alcesti in sposa. Ma durante i sacrifici offerti per la festa di nozze, Admeto si dimenticò di Artemide: e quando aprì la porta del talamo lo trovò pieno di serpenti aggrovigliati. Apollo riuscì a placare l'ira della Dea, e per di più ottenne dalle Moire la promessa che, quando per Admeto fosse giunto il giorno fatale, egli avrebbe evitato la morte se qualcun altro avesse accettato di morire volentieri al suo posto. Quando quel momento arrivò, né suo padre ne sua madre accettarono di morire per lui: fu Alcesti che morì al posto suo. Ma poi Core la lasciò tornare indietro, oppure fu Eracle, come alcuni raccontano, che lottò con Ade e riportò ad Admeto la sposa.