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Figlie di [[Taumante]] ed [[Elettra]], secondo altri dell'[[Oceano]] e di [[Gea]] o, secondo Valerio Flacco, di [[Tifone]], abitavano su un'isola. Avevano testa di donna, corpo di avvoltoio con ali ed artigli, orecchie d'orso, e mani munite di artigli. Pare che non fossero immortali. Erano tre sorelle di nome [[Aello]], [[Ocipete]] e [[Celeno]] (o [[Podarge]], secondo [[Omero]]). Unendosi con [[Zefiro]] o con [[Borea]], generarono i due cavalli di [[Achille]], [[Balio]] e [[Xanto]]. La loro più nota citazione si trova nel mito degli [[Argonauti]]. Qui si narra come esse infestassero la reggia del re [[Fineo]], rubandogli continuamente il cibo, o sporcandoglielo con i loro escrementi. Il re chiese allora aiuto contro questa persecuzione agli [[Argonauti]]. Tra di loro c'erano i [[Boreadi]], i figli di [[Borea]] che, soli, avevano il potere di uccidere gli osceni mostri, ma erano condannati a morire essi stessi qualora avessero lasciato scappare le Arpie e non fossero riusciti a raggiungerle. Tuttavia l'intervento di [[Ermes]] o di [[Iris]] ottenne l'effetto di risparmiare la vita ai mostri, in cambio della promessa di lasciare in pace il povero [[Fineo]]. Anche i troiani esuli con [[Enea]] si imbatterono nelle Arpie.
  
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<br>Arpia, secondo questo autore deriverebbe infatti dall'ebraico ''haroph'', tradotto dalla Vulgata con "mosca", o da ''arbeh'', "cavalletta".
 
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== Riferimenti letterari ==
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==LETTERATURA==
 
=== Le Arpie nella letteratura postclassica ===
 
=== Le Arpie nella letteratura postclassica ===
 
*Dante, ''Commedia''. Le Arpie svolazzano nella foresta dove sono puniti coloro che si inflissero violenza, ovvero suicidi e scialacquatori (secondo girone del settimo cerchio infernale).
 
*Dante, ''Commedia''. Le Arpie svolazzano nella foresta dove sono puniti coloro che si inflissero violenza, ovvero suicidi e scialacquatori (secondo girone del settimo cerchio infernale).
  
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Versione delle 20:39, 25 lug 2020

Arpie.jpg

Figlie di Taumante ed Elettra, secondo altri dell'Oceano e di Gea o, secondo Valerio Flacco, di Tifone, abitavano su un'isola. Avevano testa di donna, corpo di avvoltoio con ali ed artigli, orecchie d'orso, e mani munite di artigli. Pare che non fossero immortali. Erano tre sorelle di nome Aello, Ocipete e Celeno (o Podarge, secondo Omero). Unendosi con Zefiro o con Borea, generarono i due cavalli di Achille, Balio e Xanto. La loro più nota citazione si trova nel mito degli Argonauti. Qui si narra come esse infestassero la reggia del re Fineo, rubandogli continuamente il cibo, o sporcandoglielo con i loro escrementi. Il re chiese allora aiuto contro questa persecuzione agli Argonauti. Tra di loro c'erano i Boreadi, i figli di Borea che, soli, avevano il potere di uccidere gli osceni mostri, ma erano condannati a morire essi stessi qualora avessero lasciato scappare le Arpie e non fossero riusciti a raggiungerle. Tuttavia l'intervento di Ermes o di Iris ottenne l'effetto di risparmiare la vita ai mostri, in cambio della promessa di lasciare in pace il povero Fineo. Anche i troiani esuli con Enea si imbatterono nelle Arpie.

Interpretazioni

Le Arpie (da arpazo, rapisco) in quanto "rapitrici" erano dei geni della morte, e come tali sono raffigurate su molti monumenti funerari, nei quali le si vede trasportare tra gli artigli i defunti. Molte curiose interpretazioni razionalistiche sono state avanzate per spiegare questo mito: Vossius ne faceva dei pipistrelli, altri hanno pensato a personificazioni dei venti.
Ma l'interpretazione più curiosa e dettagliata ce la fornisce l'abate Pluche (Histoire du del, La Haye, 1744): «Le tre lune di aprile, maggio e giugno, soprattutto le ultime due, essendo soggette a venti tempestosi e a portare dal fondo dell'Africa e dalle rive del Mar Rosso cavallette e maggiolini che devastavano e sporcavano tutto, gli antichi egiziani dettero alle tré Isidi che annunziavano queste tré lune un viso femminile con un corpo e artigli d'uccello rapace. Gli uccelli erano infatti il simbolo comune dei venti. E il nome di Arpie che davano a questi venti era senza mistero, come tutti i precedenti: esso indicava le cavallette o gli insetti roditori che i venti facevano nascere».
Arpia, secondo questo autore deriverebbe infatti dall'ebraico haroph, tradotto dalla Vulgata con "mosca", o da arbeh, "cavalletta".

LETTERATURA

Le Arpie nella letteratura postclassica

  • Dante, Commedia. Le Arpie svolazzano nella foresta dove sono puniti coloro che si inflissero violenza, ovvero suicidi e scialacquatori (secondo girone del settimo cerchio infernale).

BIBLIOGRAFIA

Fonti Antiche

Fonti Moderne


Titolo Autore Anno
Dizionario di Mitologia Ferrari, Anna 1999
Dizionario di Mitologia Classica. Dèi, eroi, feste Biondetti, Luisa 1997
Il Dizionario Illustrato dei Mostri Izzi, Massimo 1989