Differenze tra le versioni di "Alcatoe"

Riga 1: Riga 1:
 
Una delle figlie di [[Minia]] (re d'[[Orcomeno]]), chiamate spesso col patronimico [[Miniadi]]. La ragazza non volle partecipare ai riti dionisiaci e dissuase anche le sorelle [[Arsippe]] e [[Leucippe]]. Durante la celebrazioni dei riti a [[Dioniso]] le ragazze si misero a filare, raccontandosi le storie degli dèi, ma nelle loro narrazioni non parlarono mai di [[Dioniso]]. Il dio risentito mutò le fanciulle in pipistrelli. Ovidio nel IV libro delle Metamorfosi scrive: ''"Il racconto era finito. Ma le figlie di Minia lavoravano ancora con furia, spregiando Bacco e profanando la sua festa, quando a un tratto timpani invisibili strepitarono con suono sordo, echeggiarono flauti a becco curvo e tintinnarono bronzi in un profumo di mirra e croco; e accadde un fatto incredibile: i telai cominciano a germogliare, le stoffe appese a mettere fronde in sembianza d'edera; parte si trasformò in viti e quelli che erano poco fa fili si mutarono in tralci; dagli orditi spuntarono pampini e la porpora usò il suo pigmento per dipingere l'uva. La giornata volgeva al termine, e già subentrava l'ora in cui non puoi dire se vi sia buio o luce, ma quella luce incerta che sconfina nella notte. All'improvviso sembrò che i muri tremassero, che si accendesse la resina delle torce e che la casa s'illuminasse di fiamme abbaglianti in mezzo ai ruggiti di belve spettrali. Le sorelle cercano un riparo nella casa invasa dal fumo, chi in un luogo chi in un altro, per evitare le vampe del fuoco; e mentre corrono al rifugio, fra gli arti atrofizzati si stende una membrana e imprigiona loro le braccia in un velo sottile. Le tenebre non permettono di capire come abbiano perso l'aspetto primitivo. Non si librano con l'aiuto di penne, eppure si sostengono con ali trasparenti, e quando tentano di parlare emettono un verso fievole a misura del corpo e si lamentano con sommessi squittii. Abitano sotto i tetti, non nei boschi; odiando la luce, volano di notte e prendono il nome dal vespro inoltrato. Da allora il nome di Dioniso divenne famosissimo dappertutto a Tebe, e una zia materna descriveva a tutti i grandi poteri del nuovo dio."''
 
Una delle figlie di [[Minia]] (re d'[[Orcomeno]]), chiamate spesso col patronimico [[Miniadi]]. La ragazza non volle partecipare ai riti dionisiaci e dissuase anche le sorelle [[Arsippe]] e [[Leucippe]]. Durante la celebrazioni dei riti a [[Dioniso]] le ragazze si misero a filare, raccontandosi le storie degli dèi, ma nelle loro narrazioni non parlarono mai di [[Dioniso]]. Il dio risentito mutò le fanciulle in pipistrelli. Ovidio nel IV libro delle Metamorfosi scrive: ''"Il racconto era finito. Ma le figlie di Minia lavoravano ancora con furia, spregiando Bacco e profanando la sua festa, quando a un tratto timpani invisibili strepitarono con suono sordo, echeggiarono flauti a becco curvo e tintinnarono bronzi in un profumo di mirra e croco; e accadde un fatto incredibile: i telai cominciano a germogliare, le stoffe appese a mettere fronde in sembianza d'edera; parte si trasformò in viti e quelli che erano poco fa fili si mutarono in tralci; dagli orditi spuntarono pampini e la porpora usò il suo pigmento per dipingere l'uva. La giornata volgeva al termine, e già subentrava l'ora in cui non puoi dire se vi sia buio o luce, ma quella luce incerta che sconfina nella notte. All'improvviso sembrò che i muri tremassero, che si accendesse la resina delle torce e che la casa s'illuminasse di fiamme abbaglianti in mezzo ai ruggiti di belve spettrali. Le sorelle cercano un riparo nella casa invasa dal fumo, chi in un luogo chi in un altro, per evitare le vampe del fuoco; e mentre corrono al rifugio, fra gli arti atrofizzati si stende una membrana e imprigiona loro le braccia in un velo sottile. Le tenebre non permettono di capire come abbiano perso l'aspetto primitivo. Non si librano con l'aiuto di penne, eppure si sostengono con ali trasparenti, e quando tentano di parlare emettono un verso fievole a misura del corpo e si lamentano con sommessi squittii. Abitano sotto i tetti, non nei boschi; odiando la luce, volano di notte e prendono il nome dal vespro inoltrato. Da allora il nome di Dioniso divenne famosissimo dappertutto a Tebe, e una zia materna descriveva a tutti i grandi poteri del nuovo dio."''
  
 +
[[Categoria:Mitologia Classica]]
 
[[Categoria:Mitologia Greca]]
 
[[Categoria:Mitologia Greca]]
 
[[Categoria:Europa]]
 
[[Categoria:Europa]]

Versione delle 18:32, 12 dic 2018

Una delle figlie di Minia (re d'Orcomeno), chiamate spesso col patronimico Miniadi. La ragazza non volle partecipare ai riti dionisiaci e dissuase anche le sorelle Arsippe e Leucippe. Durante la celebrazioni dei riti a Dioniso le ragazze si misero a filare, raccontandosi le storie degli dèi, ma nelle loro narrazioni non parlarono mai di Dioniso. Il dio risentito mutò le fanciulle in pipistrelli. Ovidio nel IV libro delle Metamorfosi scrive: "Il racconto era finito. Ma le figlie di Minia lavoravano ancora con furia, spregiando Bacco e profanando la sua festa, quando a un tratto timpani invisibili strepitarono con suono sordo, echeggiarono flauti a becco curvo e tintinnarono bronzi in un profumo di mirra e croco; e accadde un fatto incredibile: i telai cominciano a germogliare, le stoffe appese a mettere fronde in sembianza d'edera; parte si trasformò in viti e quelli che erano poco fa fili si mutarono in tralci; dagli orditi spuntarono pampini e la porpora usò il suo pigmento per dipingere l'uva. La giornata volgeva al termine, e già subentrava l'ora in cui non puoi dire se vi sia buio o luce, ma quella luce incerta che sconfina nella notte. All'improvviso sembrò che i muri tremassero, che si accendesse la resina delle torce e che la casa s'illuminasse di fiamme abbaglianti in mezzo ai ruggiti di belve spettrali. Le sorelle cercano un riparo nella casa invasa dal fumo, chi in un luogo chi in un altro, per evitare le vampe del fuoco; e mentre corrono al rifugio, fra gli arti atrofizzati si stende una membrana e imprigiona loro le braccia in un velo sottile. Le tenebre non permettono di capire come abbiano perso l'aspetto primitivo. Non si librano con l'aiuto di penne, eppure si sostengono con ali trasparenti, e quando tentano di parlare emettono un verso fievole a misura del corpo e si lamentano con sommessi squittii. Abitano sotto i tetti, non nei boschi; odiando la luce, volano di notte e prendono il nome dal vespro inoltrato. Da allora il nome di Dioniso divenne famosissimo dappertutto a Tebe, e una zia materna descriveva a tutti i grandi poteri del nuovo dio."