Differenze tra le versioni di "Adrasto (1)"

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Versione delle 00:15, 8 mar 2011

Figlio di Talao, re di Argo, e di Lisimaca. Sposato ad Anfitea, figlia di Pronace, ebbe sei figli. Le sue quattro figlie, Argia, Ippodamia, Deipile ed Egialea, sposarono rispettivamente Polinice, Piritoo, Tideo e Diomede.
Da quando Preto aveva diviso il regno d'Argo fra lui stesso e i due figli d'Amitaone, Biante e Melampo, tre famiglie regnavano congiuntamente sul paese. Ma ben presto la discordia s'intromise fra le tre casate.
Durante un tumulto, Anfiarao, discendente di Melampo, uccise il padre d'Adrasto, Talao, che apparteneva alla discendenza di Biante (oppure di Pronace, uno dei figli di Talao). Adrasto fuggÌ allora a Sicione, presso il nonno materno, il re Polibo, che morì senza figli maschi e gli cedette il regno. Re di Sicione, Adrasto cominciò col riconciliarsi con Anfiarao, e tornò sul trono d'Argo. Ma, nel suo intimo, Adrasto non aveva mai perdonato a suo cugino l'uccisione del padre. Gli concesse la mano della sorella, Erifile, e convenne con lui, in caso di ulteriore disaccordo fra di loro, che si sarebbero rimessi alla mediazione della giovane, pensando bene in tal modo di avere un giorno il mezzo di attuare la sua vendetta.
Ora, successe che Polinice, figlio di Edipo, era stato cacciato da Tebe da suo fratello Eteocle, e che, allo stesso tempo, Tideo, figlio del re Eneo di Calidone, era stato esiliato da suo padre in seguito a un delitto.
Una notte di bufera, i due eroi si presentarono insieme per chiedere asilo al palazzo d'Adrasto. Qui, nel primo cortile, cominciarono a litigare. Adrasto, svegliato dal rumore, li fece entrare entrambi e cominciò col purificare Tideo dalla sozzura che pesava su di lui. Poi, accorgendosi che i due eroi si erano battuti come «leone e cinghiale» (ovvero vedendo l'immagine di questi animali rappresentata sul loro scudo), si ricordò di una vecchia profezia che annunciava che egli avrebbe maritato le figlie a un leone e a un cinghiale. Dette la maggiore, Argia, a Polinice e la più giovane, Deipile, a Tideo, e promise a entrambi che li avrebbe ricondotti nella loro patria e reintegrati nei loro diritti. CosÌ cominciò la spedizione dei Sette contro Tebe. A questa spedizione parteciparono i discendenti di Biante e Melampo, come quelli di Preto, cioè le tre casate che regnavano sull'Argolide. Secondo le aggiunte a questa leggenda primitiva, c'erano anche, alleati, Arcadi e Messeni, vale a dire dei contingenti del resto del Peloponneso, tranne che quelli di Micene, i cui principi, che erano gli Atridi, Agamennone e Menelao, prevedevano che questa guerra poteva solo avere esito disastroso. Sotto la guida di Adrasto, i sette capi erano: Anfiarao, Capaneo, Ippomedonte, il nipote d'Adrasto, Partenopeo (ritenuto talvolta il fratello d'Adrasto), Tideo e Polinice. Per la strada, i capi si fermarono a Nemea, in cui dettero giochi funebri in onore del giovane Archemoro, ucciso da un serpente sotto i loro occhi. Questa fu l'origine dei Giochi Nemei. Sull'Ismeno, riportarono una prima vittoria contro i Tebani e li respinsero dentro le mura. Ma, quando dettero l'assalto, tutto il loro esercito fu annientato. Il solo Adrasto si salvò, col suo cavallo Arione, notevole per la sua criniera nera. In seguito, le versioni differiscono. Adrasto, abile oratore, seppe convincere i Tebani a restituire il corpo delle vittime, oppure (ed è la versione ateniese) Adrasto fuggì di filato fino ad Atene, per mettersi sotto la protezione di Teseo. Questi allora avrebbe marciato contro Tebe, si sarebbe impadronito a forza dei cadaveri, e li avrebbe sepolti a Eleusi. Per niente scoraggiato dall'esito della prima spedizione, Adrasto, dieci anni dopo, avrebbe intrapreso una nuova guerra contro Tebe, con i figli dei morti. L'esercito era meno numeroso, ma i presagi favorevoli. Gli Epigoni (questo è il nome che si dava ai figli dei primi eroi) presero Tebe e designarono come primo re Tersandro, figlio di Polinice. Ma Adrasto perse il figlio Egialeo, ucciso dal figlio di Eteocle, Laodamante, e morì di dolore a Megara. Si racconta altresì che si gettò nel fuoco, per obbedire a un oracolo d'Apollo.